LECTIO DIVINA SUL VANGELO domenicale - 22
27 marzo 2016 – domenica di Pasqua
Ciclo liturgico: anno C
Perché cercate tra i morti colui che è vivo?
Luca 24,1-12
Gn 1,1.26-31 - Es 14,15-15,1 - Ez 36,16-17a.18-28 - Rm 6,3-11
Quelle qui sopra riportate sono le Letture che ascolteremo nella Veglia Pasquale di sabato notte
O Dio, che illumini questa santissima notte con la gloria della risurrezione del Signore, ravviva nella tua famiglia lo spirito di adozione, perché tutti i tuoi figli, rinnovati nel corpo e nell’anima, siano sempre fedeli al tuo servizio.
Spunti per la riflessione
Amami, risorto
Non c’è più nulla da vedere, tutto è finito, concluso, compiuto.
È l’epilogo più tragico, inatteso, che i discepoli potessero anche solo immaginare. Il peggiore degli incubi.
Tutto si è svolto in fretta, come un’onda gigantesca che ha travolto ogni cosa in poche ore: Gesù è stato arrestato, processato e crocefisso in una notte. I discepoli non hanno fatto in tempo nemmeno a capire cosa stesse accadendo.
Fine della storia. Ora, storditi, vagano nella città cercando rifugio, spaventati, vedono soldati dietro ogni angolo, la paura li divora. La giornata, dopo la lunga notte insonne e di violenza, scivola lenta.
Un’alba livida li ha svegliati dal sonno irrequieto. Alcuni fra loro cercano gli altri, come possono, con prudenza, col timore di essere riconosciuti, salgono verso la collina di Sion, in quella casa che li ha accolti per l’ultima volta, in cui avrebbero dovuto riposare dopo la preghiera al Cedron se Gesù non fosse stato arrestato. È sabato, il sabato di Pesah. Sentono in lontananza i rumori della festa, le risate e le chiacchiere, i canti che celebrano la vittoria sulla schiavitù.
Ma loro sono legati a pensanti catene.
Il senso di colpa, la paura che mozza il fiato, la follia che si è materializzata e che ha sbranato, insieme al loro inerme Maestro, la speranza. Illusi. Idioti. Vigliacchi.
Nessuno parla. Qualcuno fra loro piange in silenzio.
Il clima è cupo, rabbioso, disperato.
Bussano alla porta.
Corse
Giovanni racconta la corsa delle donne tornate dal sepolcro per avvisare i discepoli.
Hanno rubato il corpo di Gesù! Non sanno cosa fare, passano fra le bancarelle dei mercanti che iniziano la giornata, corrono sul selciato della città ricostruita da Erode, giungono, affannate, alla casa. Chiedono aiuto.
Ora sono Pietro e un altro discepolo a correre.
Il discepolo che Gesù amava, presente nei momenti cruciali nella vita del Signore. Un discepolo che, tardivamente, la comunità cristiana ha identificato con lo stesso evangelista Giovanni. Più probabilmente, invece, quel discepolo è un personaggio collettivo: tutti noi siamo chiamati ad essere quel discepolo amato. Tutti noi siamo chiamati a correre per raggiungere il Signore, tutti siamo chiamati ad andare a vedere.
Corrono, Pietro e il discepolo. Corriamo anche noi con Pietro dopo l’annuncio delle donne.
Giungono al sepolcro: la tomba è davvero vuota, il sudario, la sindone, le bende, come svuotati e riposti con ordine. Vedono solo segni di morte, solo cose che hanno a che fare con la morte. Nulla di vitale, nulla di decisivo.
Segni di morte, non c’è nessuna evidenza.
Pietro si ferma. Il discepolo amato no. Vede e crede.
Evidenze
Non è evidente la fede. Non è evidente la presenza del Signore. Non è evidente la gioia che invade il cuore del discepolo amato. Non hanno ancora capito la Scrittura. Dai segni devono risalire al significato, risalire alla luce nascosta dietro gli eventi. Ogni evento.
Capiranno, certo, ci vorrà lo Spirito per spalancare la loro capacità di capire e leggere al di là dell’apparenza. Ma capiranno.
È ancora lì quella tomba vuota.
I romani l’hanno prima nascosta sotto un terrapieno. Poi è stata messa al centro di un’immensa basilica più volte distrutta. Akim il folle decise di raderla al suolo, scalpellandola. Oggi è meta di centinaia di migliaia di pellegrini che varcano la porta consumata dai secoli per accedere per qualche istante in quel che resta della tomba scavata nella roccia, inginocchiandosi davanti alla pietra che accolse il corpo del Maestro.
Solo pietre. Solo una tomba, vuota, per giunta.
Segni di morte che vanno interpretati, se vogliamo.
Risorti
Gesù è risorto, smettetela di fargli il funerale, di chiuderlo dentro le teche, di stordirlo di incensi e canti lamentosi. La croce era solo un passaggio, una collocazione provvisoria.
È altrove, fidatevi.
Non rianimato o presente nei nostri ricordi. È il per sempre vivente, risorto da morte.
Vedrete sempre e solo dei segni, nella Chiesa, nel mondo. Sarà la fede a dar loro vita.
Sarà quella corsa ad osare, a smuovere, a convertire i cuori ancora pesanti.
È lo sguardo che determina l’ottimismo cristiano che sa vedere oltre il mondo che implode, oltre l’incomprensione, oltre la violenza.
Lo sguardo.
Amami, Signore risorto. Amami come hai amato i tuoi discepoli, al di là delle mie incongruenze, dentro i miei limiti, oltre i miei tradimenti, amami. Perché tu mi ami come nessuna ama e come io stesso non riesco ad amarmi. Amami, splendido Dio, perché tu sei l’Amore e non puoi che amare. Che Pietro mi porti fino al sepolcro. Che io veda che quella tomba è vuota. Che io senta che quel dono totale di te era la misura dell’amore che hai per me.
Amami, Signore risorto.
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L’Autore
Paolo Curtaz
Ultimogenito di tre fratelli, figlio di un imprenditore edile e di una casalinga, ha terminato gli studi di scuola superiore presso l’istituto tecnico per geometri di Aosta nel 1984, per poi entrare nel seminario vescovile di Aosta; ha approfondito i suoi studi in pastorale giovanile e catechistica presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma (1989/1990).
Ordinato sacerdote il 7 settembre 1990 da Ovidio Lari è stato nominato viceparroco di Courmayeur (1990/1993), di Saint Martin de Corlèans ad Aosta (1993/1997) e parroco di Valsavaranche, Rhêmes-Notre-Dame, Rhêmes-Saint-Georges e Introd (1997/2007).
Nel 1995 è stato nominato direttore dell’Ufficio catechistico diocesano, in seguito ha curato il coordinamento della pastorale giovanile cittadina. Dal 1999 al 2007 è stato responsabile dell’Ufficio dei beni culturali ecclesiastici della diocesi di Aosta. Nel 2004, grazie ad un gruppo di amici di Torino, fonda il sito tiraccontolaparola.it che pubblica il commento al vangelo domenicale e le sue conferenze audio. Negli stessi anni conduce la trasmissione radiofonica quotidiana Prima di tutto per il circuito nazionale Inblu della CEI e collabora alla rivista mensile Parola e preghiera Edizioni Paoline, che propone un cammino quotidiano di preghiera per l’uomo contemporaneo.
Dopo un periodo di discernimento, nel 2007 chiede di lasciare il ministero sacerdotale per dedicarsi in altro modo all’evangelizzazione. Oggi è sposato con Luisella e ha un figlio di nome Jakob.
Nel 2009 consegue il baccellierato in teologia presso la Facoltà teologica dell’Italia Settentrionale di Milano con la tesi La figura del sacerdozio nell’epistolario di don Lorenzo Milani e nel 2011 la licenza in teologia pastorale presso l’Università Pontificia Salesiana di Roma, sezione di Torino, con la tesi Internet e il servizio della Parola di Dio. Analisi critica di alcune omelie presenti nei maggiori siti web cattolici italiani.
Insieme ad alcuni amici, fonda l’associazione culturale Zaccheo (2004) con cui organizza conferenze di esegesi spirituale e viaggi culturali in Terra Santa e in Europa.
Come giornalista pubblicista ha collaborato con alcune riviste cristiane (Il Nostro Tempo, Famiglia Cristiana, L’Eco di Terrasanta) e con siti di pastorale cattolica.
Nel 1999 è stato uno dei protagonisti della campagna pubblicitaria della CEI per l’8x1000 alla Chiesa cattolica. Come parroco di Introd ha accolto per diverse volte papa Giovanni Paolo II e papa Benedetto XVI nelle loro vacanze estive a Les Combes, villaggio di Introd.
Esegesi biblica
Il confronto tra i quattro racconti evangelici della risurrezione può suscitare nel lettore molta perplessità. Tra le quattro narrazioni sussistono, infatti, numerose discordanze. Soltanto Matteo, ad esempio, ricorda l’episodio delle guardie poste a custodia della tomba. Luca colloca le apparizioni del Risorto in Giudea, Matteo in Galilea. Matteo e Marco parlano di un angelo, Luca e Giovanni di due. Giovanni, poi, segue uno schema completamente suo.
È chiaro che gli evangelisti si sono permessi, nei riguardi degli eventi pasquali, molta più libertà che nei racconti della passione. Sono evidentemente interessati al significato teologico degli eventi. Bisogna dunque leggere questi racconti nella loro ottica, non nella nostra. Questo non impoverisce la realtà degli eventi, ma l’arricchisce.
La storicità non viene dissolta, al contrario viene approfondita, cogliendo i fatti nel loro significato salvifico, non solo nel loro accadimento.
Luca ha ordinato le varie tradizioni di cui disponeva in una narrazione letterariamente unita e tematicamente coerente. I racconti sono orientati verso il futuro, verso la chiesa. Si direbbe che Luca stia preparando i temi da svolgere poi negli Atti degli Apostoli.
Le donne al sepolcro (24, 1-12)
Nell’episodio delle donne al sepolcro, Luca introduce tre modifiche (rispetto a Marco e Matteo), tutte raccolte nelle parole degli angeli (24, 5b-6).
La Galilea viene nominata, non come luogo dell’incontro con il Risorto ma come luogo delle predizioni della passione. Le apparizioni del Risorto, infatti, sono tutte ambientate a Gerusalemme e dintorni. Luca non ha voluto turbare lo schema geografico e teologico nel quale ha racchiuso la sua intera opera (Vangelo e Atti): il Messia sale a Gerusalemme, qui si compiono gli eventi centrali della salvezza, da Gerusalemme la salvezza riprenderà il suo cammino verso il mondo.
Accanto alla formula tradizionale “è risuscitato” (verbo che di per sé significa “risvegliato”) Luca ne utilizza anche un’altra: “Perché cercate tra i morti il Vivente?”. Si tratta di una formulazione paolina, più vicina alla mentalità greca. È una formulazione che chiarisce, se ce ne fosse bisogno, che Gesù non è tornato alla sua vita di prima, come un uomo che si è risvegliato. Il Risorto è entrato in una condizione di vita permanente: Egli è vivo e presente nella comunità.
La modifica più importante è però un’altra: le parole degli angeli concentrano esplicitamente l’attenzione sulla necessità della passione, un motivo prediletto dell’evangelista, tanto che nel nostro capitolo lo ritroveremo ancora altre due volte (24, 26.35).
I due discepoli di Emmaus (24, 13-35)
L’apparizione del Risorto ai due discepoli di Emmaus è uno degli episodi più conosciuti del vangelo di Luca. Ma è soprattutto l’episodio chiave per ricordare la catechesi lucana sulla risurrezione. Il problema sembra essere questo: dove posso incontrare il Signore risorto e come posso riconoscerlo?
Tutto il lungo racconto è costruito sullo schema di un cammino di andata e ritorno, che si trasforma in un cammino interiore e spirituale: dalla speranza perduta (“speravamo”) alla speranza ritrovata, dalla tristezza (24,17) alla gioia (24,32), dalla Croce come scandalo che impedisce di credere alla Croce come ragione per credere.
La condizione essenziale per riconoscere il Risorto - senza la quale non lo si riconosce come un compagno di viaggio - è la comprensione della necessità della Croce (24,26), che a sua volta richiede l’intelligenza delle Scritture (24,27).
La crocifissione non ha spezzato il cammino di Gesù: questa è la cecità dei due discepoli che impedisce loro di credere. Tutta la catechesi che Gesù rivolge loro non ha altro scopo che quello di capovolgere il loro sguardo. Non è Lui che deve cambiare il volto perché possano riconoscerlo: è il loro modo di vedere la sua storia che deve capovolgersi. Difatti il gesto che apre loro gli occhi è la frazione del pane, un gesto che riporta la memoria all’indietro, alla vita di Gesù terreno qui riassunto nel ricordo della cena (una vita in dono, un pane spezzato) e alla memoria della Croce che è il compimento di quella dedizione.
Ma la “fractio panis” è anche un gesto che porta in avanti, al tempo della chiesa, in cui i cristiani continueranno a “spezzare” il pane. Spezzare il pane e distribuirlo (24,30) è un gesto riassuntivo che svela l’identità permanente del Signore: del Gesù terreno, del Risorto e del Signore presente ora nella comunità. In tutte le tappe del suo cammino Gesù conserva la medesima identità, quella che è svelata nel suo cammino terreno, resta come punto di riferimento per riconoscerlo anche come Risorto.
Il discepolo che ha capito questo non ha più bisogno di “vedere”; una volta riconosciuto, il Signore sfugge al possesso, ma il discepolo ormai sa quali sono i tratti essenziali che identificano la sua presenza e quale sia il luogo in cui incontrarla.
Luca, scrive Dante, è “scriba mansuetudinis Chisti”, lo scrittore della misericordia di Cristo. Misericordia che culmina nelle parole rivolte dal padre del “figlio prodigo” al figlio maggiore, per placarne la gelosia: “Figlio mio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è anche tuo; ma si doveva far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (15, 31 ss).
Luca non ha “inventato” questo padre che corre incontro a suo figlio, morto e tornato alla vita, e soffoca la sua imbarazzata confessione stringendolo tra le braccia. Solo Gesù ha potuto “inventare” questa parabola che cancella definitivamente le immagini di collera, di vendetta che veicolano su Dio tutte le religioni, compresa in alcuni casi quella cristiana. Questa è la grande novità del vangelo di Gesù Cristo, posta mirabilmente in rilievo da Luca: Dio è diverso da come lo si era sempre rappresentato.
Luca non ha nemmeno “inventato” Zaccheo, capo dei pubblicani, che non si preoccupa di mettersi in ridicolo per vedere Gesù, per sentirlo meglio. Sentirlo e ascoltarlo. Ascoltarlo per amarlo per sempre.
Né il “buon ladrone”, il cui patibolo diventa la cattedra da cui egli proclama che la morte di Gesù non è l’ultimo atto della sua vita, che egli tornerà nello splendore del suo regno.
Né i pellegrini di Emmaus, il cui cuore arde, mentre gli occhi ancora offuscati dal dolore non riconoscono il loro Signore risorto.
Luca non ha “inventato” queste meraviglie su Dio: le ha ereditate. Luca addolcisce il volto di Dio senza mai renderlo sdolcinato: è il solo, ad esempio, ad affermare che il discepolo per seguire Gesù, deve lasciare anche sua moglie; e non trova parole abbastanza dure per denunciare il pericolo di corruzione insito nel denaro.
Il vangelo di Luca è aperto a tutti, in particolare ai più lontani: i peccatori, gli emarginati, gli esclusi, quelli che non contano nulla. L’annuncio della buona novella (che cioè, Dio è amore) è rivolto innanzitutto a loro, perché il povero ha diritto ad essere rispettato, ad essere amato, a essere perdonato.
Il vangelo di Luca è ricco di quelle perle di grande valore di cui Gesù ci dice che, quando se n’è trovata una, vale la pena vendere tutto per comprarla.
Tempo di quaresima
14 febbraio - 1^ Tempo di Quaresima
Deuteronomio 26,4-10 Professione di fede del popolo eletto
Salmo 90 Resta con noi, Signore, nell’ora della prova
Romani10,8-13 Professione di fede di chi crede in Cristo
Luca 4,1-13 Gesù fu guidato dallo Spirito nel deserto e tentato dal diavolo
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21 febbraio - 2^ Tempo di Quaresima
Genesi 15,5-12.17-18 Dio stipula l’alleanza con Abramo fedele
Salmo 26 Il Signore ha pietà del suo popolo
Filippesi 3,17-4,1 Cristo ci trasfigurerà nel suo corpo glorioso
Luca 9,28-36 La Trasfigurazione
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28 febbraio - 3^ Tempo di Quaresima
Esodo 3,1-8.13-15 Io-Sono mi ha mandato a voi
Salmo 102 Il Signore ha pietà del suo popolo
1ª Corinzi 10,1-6.10-12 La vita del popolo con Mosè nel deserto è stata scritta per nostro ammonimento
Luca 13,1-9 Se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo
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6 marzo - 4^ Tempo di Quaresima
Giosuè 5,9-10-12 Il popolo di Dio, entrato nella terra promessa, celebra la Pasqua
Salmo 33 Gustate e vedete com’è buono il Signore
2ª Corinzi 5,17-21 Dio ci ha riconciliati con sé mediante Cristo
Luca 15,1-3.11-32 La parabola del padre misericordioso
13 marzo - 5^ Tempo di Quaresima
Isaia 43,16-21 Ecco, faccio una cosa nuova e darò acqua per dissetare il mio popolo
Salmo 125 Grandi cose ha fatto il Signore per noi
Filippesi 3,8-14 A motivo di Cristo, ritengo che tutto sia una perdita, facendomi conforme alla sua morte
Giovanni 8,1-11 Il perdono all’adultera
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20 marzo - Domenica delle Palme
Isaia 50,4-7 Non ho sottratto la faccia agli insulti e agli sputi, sapendo di non restare confuso
Salmo 21 Mio Dio, mio Dio, perché mi hai abbandonato?
Filippesi 2,6-11 Cristo umiliò se stesso, per questo Dio lo esaltò
Luca 22,14-23,56 La Passione di Gesù secondo Luca
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24 marzo - Giovedì Santo
Esodo 12,1-8.11-14 Prescrizioni per la cena pasquale
Salmo 115 Il tuo calice, Signore, è dono di salvezza
1ª Corinzi 11,23-26 Ogni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore
Giovanni 13,1-15 L’ultima cena del Signore
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25 marzo - Venerdì Santo
Isaia 52,13-53,12 Egli è stato trafitto per le nostre colpe
Salmo 30 Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito
Ebrei 4,14-16; 5,7-9 Cristo imparò l’obbedienza e divenne causa di salvezza per tutti coloro che gli obbediscono
Giovanni 18,1-19,42 La Passione di Gesù secondo Giovanni